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Su un verso di Pedro Blancuda

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                                                                     Más  que  con  el  trabajo  de  su  ausencia

                                                                     nosotros  el  amor  hirió  con  su presencia

 

                                                                                                    Pedro Blancuda

                                                                                             La sangre de los amantes

                                                                             dalla raccolta El escándalo del amor

 

 

Io so che mi ami

perché ad ogni mia battuta

la tua risata non nasce dalla gola

ma sale ad essa umida del tuo sesso

bollente delle tue viscere

vibrante del sobbalzo che la mia voce

imprime al muscolo nel tuo petto.

 

Se vivesse cento vite

tuo marito non riuscirebbe

in un’impresa come questa.

 

Io so che mi ami

perché passi le tue notti sveglia

a pensarmi, a immaginare la tua vita

con me se ci fossimo incontrati

prima di rimanere ingolfati

nel traffico delle nostre famiglie.

 

Io lo so perché quando mi saluti

all’arrivo o al commiato

riesci sempre ad aggiungere

al gesto consentito

uno sfioramento leggero del mio braccio

o della nuca; a trattenere i tuoi occhi

nei miei per una frazione di tempo in più,

incalcolabile perfino dal più costoso

dei cronografi di tuo marito.

 

Io so che mi ami

perché a volte vuoi illuderti

che sia solo un capriccio

o la noia.

 

Io lo so dai tuoi lapsus

quando ci troviamo tutti riuniti,

quando devi dire un altro nome

e pronunci invece il mio.

 

E perché quando conti i tuoi figli

manca sempre quello

che somiglierebbe a noi due;

e quando prepari il caffè e lo servi

per il modo in cui mi dici:

questa è la tua tazzina.

 

E ancora lo so per il disappunto che mostri

quando arrivo inaspettato

e non hai avuto il tempo di farti bella per me.

 

E lo so anche da quel capodanno

affollato di larve tutte sfatte

quando scoccata la mezzanotte

al momento degli auguri notai

con quanta maestria trovasti

un posto sicuro di fronte a me;

perché in quella occasione

l’abbraccio era senza sospetto

e ti preparasti a riceverlo,

inarcandoti un po’, timida,

gli occhi chiusi, con le mani

giunte sul grembo ed io, io

non seppi approfittarne,

per andare un po’ oltre,

timido adolescente anch’io.

 

Io so che mi ami

perché quando tuo marito

digerisce frutti di mare

dimenandosi tra le tue gambe,

dietro le tue palpebre chiuse

vedi noi due su una spiaggia dorata

e me che ti accarezzo i capelli

e con un dito seguo la linea delle tue labbra.

 

Io lo so che mi ami

perché sai che se avessi incontrato me

nel tempo dovuto

non ti avrei tolto la verginità

ma avrei scambiato la mia con la tua.

 

Io so che ti amo

perché è la verità;

perché quest’amore è un solo

incessante urlo di disperata felicità.

 Fiammetta Lucattini - 15/01/2013 10:05:00 [ leggi altri commenti di Fiammetta Lucattini » ]

Audacissima, caliente ed ovviamente frutto di una fantasia extra-large. Un caro saluto.

 Ferdinando Battaglia - 12/01/2013 13:06:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Non è nel contenuto(può più o meno essere condiviso)ma, dopo il tuo commento, è nella grandezza del tuo saper far poesia e nella tua capacità di comprensione della vita che viene fuori con potenza tutta la tua arte.

Ciao Pietrissimo, con rinnovata stima.

 Pietro Menditto - 12/01/2013 12:10:00 [ leggi altri commenti di Pietro Menditto » ]

Carissimi amici, vi ringrazio tutti per i bellissimi commenti. Preciso, inoltre, che la poesia è frutto di pura immaginazione, essendomi immedesimato nella situazione vissuta da un mio amico che mi fece leggere dei versi dedicati alla donna di cui era irrimediabilmente innamorato. Quei versi risentivano fortemente dell’influenza dello stile di Pablo neruda, per cui ribattezzai scherzosamente il mio amico Pedro Blancuda attribuendogli il distico che è posto in limine alla mia poesia.

Vi abbraccio tutti.

 Emilio Capaccio - 11/01/2013 18:42:00 [ leggi altri commenti di Emilio Capaccio » ]

Bel casino hai combinato, Pietro! Migliore soluzione: sparire e cambiare il numero di cellulare!!!....Permettimi una stupida battuta! Testo splendido!

Un abbraccio.

 Stefania Stravato - 11/01/2013 18:07:00 [ leggi altri commenti di Stefania Stravato » ]

che spettacolo.....chapeau!!!

 cristina bizzarri - 11/01/2013 13:14:00 [ leggi altri commenti di cristina bizzarri » ]

Che splendida poesia d’amore completo, ulteriormente arricchito dal fatto che quest’amore non è (non ha potuto ) diventare liso, consunto, pieno di rancore, tenerezza, amore mancato, come (sempre) accade in un matrimonio. Ma anche questo è amore. E, anche quello, è amore. E così è la vita.
Splendida, accattivante, innamorata poesia. Ciao Pietro, grande sincero poeta.
:-)

 Domenico Morana - 11/01/2013 11:59:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

Pietro, poco prima di leggere la tua poesia finivo un capitoletto di “Passaggi” di Henri Michaux. Sono scoppiato a ridere. Diceva questo:
“Scommetto che nell’anno Quattromila si potrà leggere la prosa di un giovanotto che scriverà, con tono di sufficienza e sicuro del fatto suo: «Avevo ventiquattro anni. Stavo sulla Terra e mi annoiavo mortalmente. Avevo perlustrato molte cose: avevo perlustrato non so quante volte anche il nostro pianeta, nei fine settimana. Ero stato pure sulla Luna, e mio fratello, più sportivo di me, su un satellite di Giove. Tutte cose sopravvalutate. Mi annoiavo terribilmente, quando incontrai . . .».
E così, cammin facendo e sempre scrivendo, costui ci informa di aver incontrato una ragazza e, in preda alla meraviglia, inizia una lunga descrizione da cui, suo malgrado, viene fuori che si tratta di una fanciulla alquanto insignificante, uguale alle centinaia di migliaia che l’umanità ha sfornato in epoche minori, una di quelle che a Cartagine, ai tempi di Annibale, avrebbero messo in cucina a lavare le pignatte.
E questo individuo, che ha il vantaggio di vivere in un’epoca portentosa, da noi tanto agognata, viene a scocciarci con la solita vecchia solfa che noialtri, morti da più di duemila anni, conoscevamo già a memoria.
Per mascalzoni di questo genere ci vorrebbe fin d’ora un tribunale che li condanni. Ma come fare? Come? . . .”
(Passaggi, trad. di Bona de Mandiargues e Ivos Margoni).

Certo, Pietro, né tu né io abbiamo più ventiquattro anni e l’anno 4000 non lo vedremo, e poi, poeti e non prosatori, potremmo essere scagionati per insufficienza di prove (rimanda sempre ad altro la poesia, se si vuol dire che piove non si scrive «piove». Per fare quello basta un impiegato. (Paul Valéry).

Ed ecco, sempre secondo quel cattivone di Valéry, a cosa sono consacrati gli scritti più importanti:
«Tu non ami ciò che ami;
«Tu ami ciò che non ami;
«Tu non sei ciò che sei e reciprocamente.».

E la tua, Pietro, è una bellissima poesia (un po’ ruffiana, ma bella . . . Ma come fare? Come? . . .).

Ciao, un abbraccio affettuoso

 Lorena Turri - 11/01/2013 11:31:00 [ leggi altri commenti di Lorena Turri » ]

Tu sai che io ti amo per quello che scrivi? Bellissima, Pietro!

 Lorena Turri - 11/01/2013 11:31:00 [ leggi altri commenti di Lorena Turri » ]

Tu sai che io ti amo per quello che scrivi? Bellissima, Pietro!

 Cristiana Fischer - 11/01/2013 10:32:00 [ leggi altri commenti di Cristiana Fischer » ]

deilicatezza e passione, come nelle altre bellissime poesie del tuo ebook, e scrivere di passione pare non lo sappia o non lo voglia fare nessuno, oggi

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